Discussione generale
Data: 
Martedì, 28 Dicembre, 2021
Nome: 
Maria Anna Madia

A.C. 3424​/I

Grazie, Presidente. Noi ci troviamo dentro la fase di gestione del più grande piano di finanziamento per la modernizzazione del Paese e dall'efficacia dell'utilizzo delle risorse del PNRR dipende la nostra credibilità. Uso il plurale, dico “nostra”: dentro questo plurale ci sta tutto il sistema Paese, ci sta certamente il Governo, ma ci sta anche il Parlamento tutto, tutte le istituzioni, i comuni, le regioni, i territori, le organizzazioni del lavoro, i corpi intermedi, le aziende pubbliche e private. E oltre alla nostra credibilità, in gioco c'è anche la più grande opportunità per l'Italia, perché noi, dall'utilizzo di queste risorse, dal buon uso di queste risorse, possiamo finalmente, dopo tanti anni, ricominciare a competere alla pari con i nostri partner europei, con Paesi come la Francia e la Germania, ricominciare a competere sullo sviluppo del Paese, sulla crescita, sulla qualità della vita. Ma vorrei sottolineare, proprio durante la discussione della legge di bilancio, che in questo momento, oltre alla credibilità e all'opportunità dell'Italia, ci sta una contrapposizione fra due diverse visioni di Europa. Quindi il buon lavoro dell'Italia può contribuire anche a far progredire una visione d'Europa - che è quella che io personalmente condivido e che condivide il mio gruppo parlamentare - che è l'Europa che crede negli investimenti comuni, nel debito buono; poi c'è l'altra idea d'Europa, invece, che io non considero neanche un'idea di Europa, perché penso che sia la via migliore per distruggere il progetto europeo, ed è l'Europa del rigore o, peggio ancora, l'Europa di chi crede che ogni volta bisogna togliere una materia da condividere e non aggiungere una materia in più, che bisogna togliere un investimento comune, che bisogna lavorare non per la solidarietà fra Governi ma, al contrario, per vivere da soli con meno solidarietà fra Governi dell'Unione europea. Io penso che, in questa particolare fase storica, da Bruxelles sia arrivata una spinta positiva verso l'Europa del debito buono e degli investimenti comuni. Credo che in tutta la parte economica e sociale, e lo sottolineo perché non potrei dire lo stesso sulla parte che riguarda l'immigrazione e i diritti, ma su tutta la parte economica e sociale - e ringrazio il commissario Gentiloni per il suo prezioso lavoro - ci sia un quadro coerente in questo momento, che va dalla scelta del PNRR, al programma SURE contro la disoccupazione, agli interventi sui debiti sovrani, alla rinnovata consapevolezza, finalmente, che occorra una regia pubblica in alcuni settori, penso ad esempio alla tecnologia. Quindi, in questo momento, dall'Unione europea ci viene data una grande possibilità, che ci restituisce anche un'idea di società: in questa idea di società la regia del pubblico è fondamentale per combattere le disuguaglianze e le povertà, ma anche come motore di crescita e sviluppo. Insomma, siamo lontani anni luce da quella stagione buia dove tutto ciò che era pubblico veniva considerato una zavorra per il sistema Paese, dove i dipendenti pubblici venivano chiamati fannulloni, e siamo invece dentro una nuova grande possibilità. Dove sta l'Italia e quali sono i risultati finora? Io penso che sia giusto sottolineare ciò che di buono possiamo sottolineare: il fatto che l'Italia cresca più delle aspettative, al 6,3 per cento, è un dato positivo; il fatto che la disoccupazione nel terzo trimestre sia scesa all'8,9 per cento è un fatto positivo; il fatto che Fitch abbia migliorato il rating per il nostro Paese è un fatto positivo. Però, allo stesso tempo, non siamo bendati e ci accorgiamo anche dei pericoli che stiamo correndo, perché l'inflazione corre. A novembre abbiamo registrato il dato più alto, un numero simile, se non sbaglio, era stato registrato nel 2008. Questo significa costi dei beni e servizi più alti, e questo significa, dunque, maggior peso per chi, già, in questi due anni, ha avuto un peso insostenibile. I dati sulla povertà non sono incoraggianti; ce lo dicono continuamente le fotografie della Caritas, di Sant'Egidio, di tutte le associazioni che, quotidianamente, si occupano della povertà nel nostro Paese; sono numeri che ci devono far preoccupare, perché sono oltre 5 milioni i poveri in Italia e di questi oltre un milione sono minori poveri. Tutto questo ci deve dare una grande consapevolezza, in questo momento, proprio a noi che ci troviamo in quest'Aula: la consapevolezza è quella che il peggio non lo abbiamo lasciato alle spalle, che c'è ancora una strada difficile da percorrere, che non c'è da brindare ma anche che proprio quegli spiragli di luce, di cui dicevo prima, ci devono accompagnare a evitare che si lasci il nostro Paese nell'instabilità e, soprattutto, ci devono dare l'ossessione quotidiana a far sì che ogni euro speso sia un euro speso per far stare meglio le famiglie del nostro Paese.

Lo voglio dire senza enfasi. Ma il problema oggi non riguarda solo le situazioni di estrema marginalità sociale, quelle che anche prima, seppur nel breve tempo che ho a disposizione, ho cercato di ricordare. Il problema oggi riguarda lo scivolamento di tutto il ceto medio. Io non so neanche più se in Italia si possa parlare di ceto medio; è un ceto medio che scivola, ogni giorno di più, verso l'instabilità, verso l'incertezza; sono gli imprenditori che oggi devono combattere con il problema in più dell'inflazione, sono i professionisti, sono perfino tutti coloro che noi, fino a qualche tempo fa, chiamavamo “garantiti” e che oggi non possono garantire ai loro figli ciò che dieci anni fa, invece, avrebbero potuto fare.

Ecco, per tutte queste ragioni, dobbiamo fare in modo che gli spiragli di luce si traducano velocemente in miglioramenti concreti nella vita delle persone. Le persone si devono accorgere di quegli spiragli di luce, altrimenti rischiamo un'esplosione di rabbia sociale che avrebbe esiti davvero non auspicabili.

Allora mi perdonerà, Presidente, se ho voluto introdurre la discussione sulla legge di bilancio con un'introduzione forse troppo lunga, ma io credo che sia importante capire che cosa prova a fare questa legge di bilancio. Questa legge di bilancio, in questo quadro che ho voluto sintetizzare, prova a fare un passo in avanti e lo fa tentando sapientemente di tenere insieme le riforme strutturali e le emergenze. Noi abbiamo, più o meno, un terzo della legge di bilancio dedicato a interventi strutturali, un primo gradino importante della riforma fiscale, che poi verrà completata con l'attuazione della delega fiscale, e interventi significativi su tutta la parte che riguarda gli ammortizzatori sociali, perché è importante aver introdotto il fatto che la cassa integrazione straordinaria vada a tutte le imprese con più di 15 dipendenti, indipendentemente dal settore, e perché è importante dare accesso al fondo di integrazione salariale per tutte le imprese, anche con un solo dipendente.

C'è poi un altro terzo o un quarto, più o meno, della legge di bilancio (stiamo parlando di oltre 30 miliardi) dedicato invece alle emergenze, perché - ripeto - dobbiamo tenere insieme le due cose, le emergenze, che ci sono ancora, purtroppo, ed è così: la pandemia, insieme al contenimento dell'inflazione; il resto è dedicato a rifinanziare misure già in essere, ma con un'attenzione a determinati settori, penso ai 2 miliardi sul fondo sanitario o al miliardo per l'università e la ricerca.

Io ritengo che questa sia un'impostazione giusta e penso anche che sia giusto aver iniziato questo percorso strutturale non estemporaneo di riforma fiscale - attraverso la rimodulazione delle aliquote, ovviamente accompagnata da altri interventi: il superamento dell'IRAP, l'assegno unico, 1,8 miliardi in più messi contro gli aumenti di luce e gas -, proprio a sostegno della classe media.

Vorrei per questo ricordare in quest'Aula che il primo intervento di politica economica espansiva a sostegno dei ceti medio bassi dopo anni bui di austerity fu l'intervento degli 80 euro del Governo Renzi. Io lo voglio ricordare, proprio mentre facciamo questa discussione, perché penso che chi non lo dice, chi non lo ricorda stia commettendo un grave errore di rimozione.

Ci sono poi molte altre cose importanti: l'attenzione al tema femminile, dalla tampon-tax, alla stabilizzazione dei congedi di paternità, al fondo per la parità salariale, al sostegno delle madri che rientrano a lavoro. Si tratta di un insieme di politiche economiche espansive.

Il Presidente Draghi, in quest'Aula, prima del Consiglio europeo, ha detto che serviranno diversi altri anni di manovre espansive ma, in ogni caso, si tratta di un percorso delineato proprio per sostenere chi sta facendo più fatica nel nostro Paese. Ovviamente, questo è solo un pezzo; ovviamente bisognerà andare avanti su questo binario parallelo fatto di riforme strutturali e accompagnamento rispetto a chi fatica di più, a chi ha più bisogno; ovviamente, questo percorso andrà fatto dal Governo, ma anche da tutti noi: certamente dalla maggioranza che sostiene questo Governo, ma il Parlamento tutto ha una funzione importante. E io non posso, in chiusura, non soffermarmi sul ruolo e sulla funzione del Parlamento, proprio nella discussione di questa che è la legge più importante, la legge di bilancio.

Sono ormai diversi anni che siamo dentro una china pericolosa, questo squilibrio di rapporto fra Governo e Parlamento. Io non punto il dito contro questo Governo, perché è una storia che ormai viviamo da anni, ma dobbiamo renderci conto che rischiamo una torsione pericolosissima rispetto alla natura stessa della nostra democrazia, che è una democrazia che si fonda sulla rappresentanza - i dati sull'astensione e sulla disaffezione dalla politica sono la febbre, sono il sintomo - e che sta portando sempre meno persone ad andare a votare e, dunque, a sentirsi rappresentate.

Questo è un tema che attraversano quasi tutte le democrazie occidentali; questo è un tema che, in modo continuo e costante, sta attraversando da anni - lo ripeto - non solo l'Italia, ma le democrazie occidentali. Noi forse abbiamo imboccato una scorciatoia che non ci ha portato lontano, che è quella della riduzione dei costi della politica, addirittura della riduzione del numero dei parlamentari; tuttavia, credo che, se non affrontiamo in modo non retorico, diretto e deciso questo tema, a partire dalla riforma dei Regolamenti, ma non solo, noi rischiamo, nel prossimo Parlamento, di avere una riduzione non solo del numero dei parlamentari, ma anche della credibile rappresentanza di questo Parlamento.